Congresso SIFO: il genere come determinante dell’appropriatezza terapeutica

“Al Congresso SIFO 2025 in primo piano anche un dato tanto semplice quanto rivoluzionario: uomini e donne non si ammalano allo stesso modo e non rispondono ai farmaci in maniera identica”. Così la coordinatrice dell’Area Giovani SIFO, Chiara Lamesta, che è anche alla guida del Gruppo Giovani della European Association of Hospital Pharmacists-EAHP sul tema al centro della sessione dal titolo ‘La variabile invisibile: il genere come determinante dell’appropriatezza terapeutica’, che si svolgerà nell’ambito del XLVI Congresso nazionale SIFO.

“La sessione, di cui sono tutor insieme alla coordinatrice dell’Area Scientifica Medicina di Genere di SIFO, Maria Natalia Diana– spiega Lamesta – nasce per raccontare, in modo chiaro e concreto, come questa consapevolezza stia cambiando la pratica clinica e perché riguardi da vicino ciascuno di noi, pazienti e professionisti. Negli ultimi anni, una base di evidenze sempre più ampia — dagli studi epidemiologici ai trial clinici fino alla ricerca sperimentale — ha mostrato differenze di incidenza, decorso e risposta ai trattamenti tra i sessi. Non si tratta di sfumature accademiche: significa diagnosticare prima, trattare meglio, prevenire eventi avversi e usare le risorse in modo più saggio”. L’Organizzazione Mondiale della Sanità parla di ‘Medicina di Genere’ per descrivere l’incontro tra i determinanti biologici (il sesso) e quelli socio-culturali (il genere). “Anche il nostro Paese ha intrapreso questo cammino – ricorda Lamesta – l’articolo 3 della Legge 3/2018 e il Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere del 19 giugno 2019 hanno avviato un percorso che coinvolge formazione, organizzazione dei servizi e pratica quotidiana”.

La sessione propone dunque una lettura ‘longitudinale’ della salute: non un intervento puntuale, ma un’attenzione costante alle differenze lungo tutto l’arco della vita e in tutte le specialità. “Parleremo di ricerca che include davvero tutti (con protocolli e campioni rappresentativi) e di analisi dei dati disaggregata per sesso – evidenzia l’esperta- così che i risultati diventino strumenti utili al letto del paziente e in farmacia. Affronteremo anche il capitolo, attualissimo, della transizione digitale: l’intelligenza artificiale può aiutarci a personalizzare le cure, a patto di essere progettata senza pregiudizi. Algoritmi che ‘vedono’ il genere in modo corretto riducono gli errori; modelli ciechi, al contrario, amplificano le ingiustizie”.

C’è poi un aspetto culturale “decisivo”, sottolinea la coordinatrice dell’Area Giovani SIFO: “Per molti anni le differenze tra uomini e donne sono state considerate secondarie, quando non ignorate. Recuperare quel terreno significa investire nella formazione: corsi universitari e aggiornamento professionale che insegnino a riconoscere sintomi atipici, a leggere correttamente i profili di rischio, a calibrare terapie tenendo conto di farmacocinetica e farmacodinamica, a valutare esiti come incidenza, prevalenza e mortalità con uno sguardo davvero equo. Non è un esercizio teorico: è la strada più rapida per aumentare l’appropriatezza terapeutica e la sicurezza delle cure”.

Durante l’incontro verranno inoltre descritti tre “nodi chiave”. Anzitutto, come “superare lo scetticismo: la medicina di genere non è una moda passeggera– prosegue la dottoressa Lamesta- ma un modo più accurato di fare scienza e clinica”. In secondo luogo, il ruolo della medicina digitale: “È davvero la via maestra per ridurre le disparità? Quali vantaggi concretizza oggi, quali rischi porta con sé, di che cosa abbiamo bisogno per non lasciare indietro nessuno?”. Infine, la domanda “più franca”: “Siamo pronti?”. Verranno, ancora, esaminate strategie formative pratiche (dalle competenze di base agli indicatori di valutazione), per “colmare rapidamente i gap nei reparti, nelle farmacie ospedaliere e sul territorio”.

 

 

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